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Crypta Balbi. Topografia sacra e dinamiche urbane nella Roma tardoantica: nuove evidenze dal cantiere archeologico

Un viaggio tra sacelli misteriosi, pozzi votivi e fabbriche tessili nascosti nel cuore del Campo Marzio.

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Un complesso di strutture mai completate, un sacello orientale, una fullonica e un pozzo votivo con ex voto in terracotta arricchiscono il quadro della trasformazione dell’insula nel cuore del Campo Marzio. Tra scavo, restauro e progetto urbano, la Crypta Balbi torna fulcro della riflessione archeologica su continuità e discontinuità dell’abitare a Roma.

Nel cuore del Campo Marzio meridionale, l’insula della Crypta Balbi si presenta come uno dei casi più rilevanti di archeologia urbana in ambito mediterraneo. Qui, la lunga durata dell’occupazione e la stratificazione delle trasformazioni rendono l’area non solo testimone di Roma attraverso i secoli, ma anche un documento attivo, interrogabile attraverso la metodologia dello scavo stratigrafico estensivo. Dal gennaio 2023 è in corso un’importante campagna di scavo e restauro, finanziata con fondi statali per oltre cinquanta milioni di euro, che ha restituito – e sta tuttora restituendo – dati di straordinario valore topografico, cultuale, architettonico e antropologico.

La Crypta Balbi, come noto, nasce come annesso del teatro fatto erigere nel 13 a.C. da Lucio Cornelio Balbo, all’interno di una più vasta azione edilizia legata al rifacimento augusteo del Campo Marzio. La crypta propriamente detta costituiva il quadriportico retrostante alla scena del teatro, adibito al passeggio del pubblico durante le pause degli spettacoli. Tuttavia, ciò che rende il sito unico nel panorama romano è l’eccezionale leggibilità della sequenza stratigrafica che si dispiega tra età imperiale, tarda antichità, alto medioevo, pieno medioevo e periodo moderno, con fasi di continuità e cesura che dialogano tra loro in un rapporto dinamico e non lineare.

Le indagini più recenti, in parte legate al progetto URBS e in parte condotte in parallelo ai lavori di consolidamento architettonico, hanno permesso l’individuazione di nuove porzioni dell’area artigianale che aveva conosciuto il suo massimo sviluppo tra IV e VI secolo d.C. Tra queste, spicca una fullonica con vasche in cocciopesto e pavimentazioni impermeabili, destinata alla lavorazione e lavaggio dei tessuti. La presenza di questa struttura, già ipotizzata in passato sulla base di materiali sporadici, conferma il riuso intensivo a fini produttivi del portico della crypta, a seguito della decadenza del teatro e del progressivo frazionamento funzionale dell’area.

Non meno rilevante, tra i recenti rinvenimenti, è la scoperta di un piccolo sacello emerso nel settore nord-occidentale dell’area di scavo. La struttura, al momento solo parzialmente portata alla luce, è costituita da un ambiente a pianta non ancora definita, associato ad alcuni elementi architettonici in posizione secondaria, tra cui frammenti di cornici modanate, capitelli decorati a foglia d’acanto e residui di intonaco dipinto con pigmentazioni in tonalità blu e rosso-bruno. All’interno del medesimo contesto sono stati recuperati anche piccoli oggetti di terracotta, frammenti ceramici e resti combusti. Lo stato attuale delle indagini non consente, al momento, di attribuire con certezza la struttura a una specifica funzione cultuale né di identificare la divinità eventualmente oggetto di venerazione. Sarà compito delle prossime fasi di scavo e delle analisi in corso stabilire la natura precisa del contesto e l’eventuale articolazione rituale degli spazi.

In stretta prossimità di tale area, e in stratigrafia coerente con i livelli frequentati della vicina fullonica, è stato individuato un pozzetto di forma subcircolare, con pareti in argilla compattata e profondità di circa due metri. All’interno del deposito sono stati rinvenuti numerosi materiali votivi in terracotta: figurine femminili, elementi anatomici stilizzati, piccoli oggetti miniaturizzati, lucerne integre ma prive di evidenze di uso. L’assenza di iscrizioni, di simboli riconoscibili o di riferimenti contestuali espliciti rende al momento prematura qualsiasi attribuzione cultuale specifica. Il ritrovamento acquista ulteriore rilievo per la sua localizzazione in corrispondenza di un sistema di fondazioni in opera laterizia, tracciate con regolarità ma mai completate. Le murature, impostate su trincee ben delineate, risultano interrotte in fase preliminare e non proseguono oltre il piano di fondazione.

Il rapporto stratigrafico tra il pozzetto e queste strutture interrotte rappresenta uno dei nodi interpretativi più interessanti del cantiere: l’assenza di elevati e la mancanza di successive tracce di rielaborazione o riutilizzo lasciano ipotizzare che il progetto edilizio non abbia mai raggiunto la fase esecutiva. Le ragioni di tale abbandono restano al momento ignote e saranno oggetto di ulteriore approfondimento interdisciplinare, anche in relazione al contesto topografico circostante e alle dinamiche storiche dell’area.

Parallelamente allo scavo, è in corso un progetto di rifunzionalizzazione complessiva dell’intera insula, destinata a diventare un “quartiere culturale” integrato. L’intervento, che coinvolge oltre 25.000 metri quadri di edifici storici e 8.500 di area archeologica, prevede la realizzazione di nuovi spazi museali, laboratori di ricerca, residenze temporanee per studiosi e una serie di ambienti aperti alla cittadinanza: sale espositive, una caffetteria, percorsi accessibili tramite passerelle trasparenti che consentiranno la lettura diretta delle stratificazioni. Particolare rilevanza avrà il nuovo ingresso, in corrispondenza dell’Aula Ottagona, che fungerà da snodo narrativo tra le sezioni tardoantiche, medievali e moderne del complesso.

La narrazione museale, già sperimentata nei decenni passati come esempio di “museo della trasformazione”, si arricchirà ora di nuovi contenuti, anche attraverso una riflessione sulle vicende del Novecento che hanno interessato l’area. Il rastrellamento del ghetto del 1943 e il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani nel 1978 verranno contestualizzati nel percorso, a sottolineare la continuità di senso tra spazio urbano, storia politica e memoria collettiva.

Dal punto di vista metodologico, l’intero progetto costituisce un modello di best practice nell’ambito della valorizzazione archeologica in contesto urbano. La formula del cantiere aperto – già attiva ogni sabato mattina dalle 10:30 alle 12:00 – consente non solo una fruizione didattica in itinere, ma anche un coinvolgimento diretto della cittadinanza nella fase più delicata della ricerca: quella della scoperta. È proprio in questa fase che si ridefinisce il rapporto tra archeologo e pubblico, superando la dicotomia tra scienza specialistica e divulgazione generica. La presenza degli archeologi sul campo, pronti a raccontare, a mostrare, a problematizzare, restituisce al mestiere dell’archeologo la sua originaria dimensione dialogica e civile.

In definitiva, la Crypta Balbi si conferma come uno dei cantieri più emblematici della Roma contemporanea: un luogo dove l’archeologia non solo ricostruisce il passato, ma costruisce senso per il presente. È il corpo vivo della città, fatto di tracce e vuoti, di pietre e intenzioni mancate, di edifici nati e altri mai esistiti. Una mappa della possibilità, in cui ogni strato è anche un’interrogazione sul tempo.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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