Nel cuore della Via Appia Antica, la Sovrintendenza Capitolina celebra il Giubileo 2025 con aperture serali gratuite alla villa imperiale di Massenzio: un’esperienza immersiva tra didattica, bellezza e memoria dinastica.
Nel panorama delle iniziative speciali per il Giubileo 2025, spicca per fascino e coerenza culturale l’iniziativa Viaggi nel passato, promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Sabato 14 e sabato 28 giugno, dalle ore 19.00 alle 22.00 (ultimo ingresso alle 21.30), la Villa di Massenzio riapre le sue porte al pubblico con una formula inedita: visite serali accompagnate da postazioni didattiche dislocate nei punti nodali del complesso, capaci di raccontare – in italiano e in inglese – la vita quotidiana e simbolica di uno dei luoghi più evocativi del suburbio romano.
Il percorso si snoda attraverso tre punti cardine: il palazzo imperiale, il circo per le corse dei carri e il mausoleo dinastico dedicato al giovane Romolo, figlio dell’imperatore. La luce del tramonto e l’illuminazione artistica valorizzano le geometrie antiche del sito, restituendo al visitatore la suggestione di un tempo sospeso, in cui la natura della campagna romana e la monumentalità dell’architettura si fondono in una visione armonica e quasi metafisica.
Ma non è tutto. Il 21 giugno, in occasione della Festa della Musica, lo spazio altamente simbolico del Mausoleo di Romolo ospiterà L’Amor che move il sole e l’altre stelle, concerto corale a cura dell’Associazione Jubilus Ensemble ispirato all’ultimo verso del Paradiso dantesco. Un’ora di musica e contemplazione – dalle 20.30 alle 21.30 – in cui la voce umana si intreccerà con la memoria della pietra e con l’eco di un passato che ancora parla. L’ingresso sarà gratuito e senza prenotazione, fino ad esaurimento dei posti a sedere. Le aperture serali proseguiranno anche nei mesi di luglio e agosto, sempre con accesso libero. Per ulteriori informazioni è disponibile il numero 060608, mentre il programma completo delle attività giubilari si può consultare sul sito della Sovrintendenza Capitolina.
La scelta di restituire alla collettività questo luogo non solo attraverso l’apertura fisica, ma con un approccio narrativo e immersivo, risponde a una visione evoluta della valorizzazione culturale. La villa di Massenzio non è solo uno spazio archeologico, ma una vera e propria macchina simbolica: qui la memoria storica si traduce in architettura, e l’architettura si fa narrazione di potere, perdita e legittimazione.
Situata tra il secondo e il terzo miglio della Via Appia Antica – Regina Viarum per eccellenza, arteria sacrale della Roma antica – la villa fu edificata agli inizi del IV secolo d.C. dall’imperatore Massenzio, figlio dell’Augusto Massimiano. In un’epoca di transizione e conflitto, Massenzio scelse questo luogo come teatro della propria affermazione imperiale, concependo un complesso che rispondesse a precise esigenze di rappresentanza dinastica e propaganda. Non si trattò di una semplice residenza suburbana, ma di una vera città-giardino dedicata alla celebrazione del potere e della memoria familiare.

Il complesso si articola in tre edifici principali: il palazzo, oggi in parte leggibile attraverso fondazioni e ambienti perimetrali; il circo – straordinariamente conservato – destinato alle corse dei carri e agli spettacoli pubblici; e infine il mausoleo dinastico, edificato lungo l’asse viario in forma circolare e racchiuso entro un quadriportico rettangolare, secondo modelli architettonici di matrice imperiale e orientale. In esso fu sepolto il figlio di Massenzio, Romolo, morto prematuramente nel 309 d.C. e divinizzato post mortem. La sepoltura del giovane e la monumentalizzazione del suo ricordo assunsero un valore politico e propagandistico, al punto da determinare l’intera morfologia del complesso.
Il circo, lungo più di 500 metri, presenta una spina centrale decorata e due torri monumentali alle estremità, evocando in scala minore il Circo Massimo. Nonostante la natura privata del complesso, gli spettacoli che vi si tenevano avevano probabilmente anche un significato pubblico e cerimoniale, volto a rafforzare il legame tra l’imperatore e il popolo. Il palazzo, oggi quasi interamente perduto nelle sue altezze, doveva invece dominare visivamente la campagna circostante e l’intero asse viario, rappresentando la dimora fisica del potere, affacciata sullo spettacolo del mondo.
La Villa di Massenzio, nella sua concezione, è anche una geografia del lutto. In essa si intrecciano architettura e assenza, potere e fragilità, sogno dinastico e fine prematura. La morte del giovane Romolo, avvenuta poco prima della fatidica battaglia di Ponte Milvio nel 312 d.C., in cui Massenzio fu sconfitto e ucciso da Costantino, imprime un carattere elegiaco a tutto il complesso. Se la tomba vuole essere celebrazione e fondamento di legittimità imperiale, essa è anche segno di un destino interrotto, di una gloria effimera come le corse nel circo.
Passeggiare oggi tra le rovine della villa significa immergersi in un paesaggio che è insieme storico e interiore. La vegetazione spontanea si arrampica sulle murature in laterizio, gli echi del tempo si insinuano tra i blocchi di tufo, e la luce della sera conferisce al sito un’aura di sospensione quasi metafisica. La proposta della Sovrintendenza, che integra didattica, performance e suggestioni luminose, consente di restituire a questo spazio la sua funzione originaria: non un semplice contenitore di pietre, ma un luogo vivo, dove la memoria si fa esperienza, e l’antico continua a interrogare il presente.
Così, la Villa di Massenzio diventa ancora una volta specchio della città eterna: stratificata, potente, malinconica. E l’invito a visitarla, in queste serate speciali, è anche un invito a rieducare lo sguardo, a rallentare il passo, a lasciarsi guidare dalla voce delle pietre, dal silenzio della storia, e da quell’amor che move il sole e l’altre stelle.