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Roma riscopre Augusto: una nuova piazza tra fasti imperiali e ambizioni contemporanee

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Roma riscopre Augusto: una nuova piazza tra fasti imperiali e ambizioni contemporaneeInaugurata la nuova Piazza Augusto Imperatore, tra architettura urbana, memorie imperiali e narrazione civica. Ma resta aperto il nodo dell’identità monumentale e della città che cambia forma.

Nel cuore di Roma, a pochi passi da Via del Corso, è stato restituito al pubblico un frammento pulsante della storia millenaria della città: la nuova Piazza Augusto Imperatore. Non una semplice riqualificazione urbana, ma l’ambizione – evidente, dichiarata, anche un po’ ostentata – di reintegrare nel tessuto vivo della città uno dei suoi spazi più complessi e simbolici. Qui, dove riposa il princeps che trasformò Roma in Impero, si gioca oggi una partita fra archeologia, architettura contemporanea e narrazione identitaria.

Il progetto, firmato dal gruppo Urbs et Civitas guidato da Francesco Cellini – vincitore del concorso bandito nel 2006 – ha attraversato vent’anni di gestazioni e battute d’arresto. Un cantiere cominciato solo nel 2020, condizionato non solo dai ritrovamenti archeologici (mosaici, strutture tardo-antiche, una testa marmorea di divinità femminile, un cippo pomeriale), ma anche dalle complessità di uno spazio stratificato e politicamente delicato. Perché Piazza Augusto Imperatore, già monumentalizzata negli anni Trenta sotto la regia di Morpurgo e del regime fascista, è uno dei luoghi più ambigui del paesaggio romano: una vetrina imperiale, ma anche un palinsesto fragile, sospeso tra celebrazione e oblio.

Il nuovo disegno architettonico tenta una riconciliazione. Con due cordonate che riconnettono l’attuale piano stradale con la quota originaria del Mausoleo, una pavimentazione in travertino a vista, uno spazio per caffetteria e info point, il progetto si propone come “spazio condiviso”, dove antico, moderno e contemporaneo si sfiorano. Eppure, resta forte l’impressione di una bellezza incapsulata, dove l’eccesso di controllo – come spesso accade nella musealizzazione urbana – rischia di sacrificare la vitalità dell’imprevisto.

Nel frattempo, ripartono anche i lavori per il restauro interno e la musealizzazione del Mausoleo, già parzialmente completato nel 2019 e oggi affidato a un nuovo lotto da oltre sette milioni di euro, con conclusione prevista entro la fine del 2026. Qui il nome che campeggia è quello di Rem Koolhaas, architetto star, chiamato a reinterpretare gli spazi interni con un progetto espositivo che si preannuncia ambizioso e scenografico. Ma sarà sufficiente l’apparato tecnico – con nuovi impianti, percorsi pensili, controllo climatico e illuminazione calibrata – a restituire vita e profondità a un monumento che per secoli è stato corpo vivo della città, poi fortilizio, giardino, anfiteatro, sala da concerto?

A sostenere l’operazione sono due nomi di peso del mecenatismo culturale contemporaneo: la Fondazione TIM, con uno stanziamento complessivo di 6 milioni di euro, e il Gruppo Bvlgari, che con una donazione di 700.000 euro finanzierà gli allestimenti museali e la mostra inaugurale. Un’alleanza tra pubblico e privato celebrata con entusiasmo dalle istituzioni, ma che pone anche interrogativi sul futuro della gestione culturale in Italia. L’intervento privato diventa sempre più necessario, ma cosa accade quando il confine tra sponsor e curatore si fa sottile?

Nei toni trionfali delle dichiarazioni istituzionali – il Sindaco Gualtieri che parla di “una delle piazze più straordinarie di Roma e del mondo intero”, l’Assessore Smeriglio che evoca “un giorno importante per la memoria e per il futuro della Capitale” – si legge il desiderio di fare della piazza un luogo di rappresentanza, un’icona da cartolina, più che uno spazio quotidiano. Il rischio, come già visto altrove, è che la monumentalizzazione prevalga sull’esperienza urbana, e che l’identità venga raccontata più che vissuta.

Resta da capire se i romani – quelli che ogni giorno attraversano la città non da turisti ma da abitanti – si riapproprieranno davvero di questo spazio, o se Piazza Augusto Imperatore resterà un monumento contemplativo, lontano dal flusso della città reale. Perché Roma, come il suo fondatore simbolico, si trasforma per rimanere sé stessa. Ma la sfida è capire se questa trasformazione genera spazi vivi o soltanto belle superfici. Ph. Monkeys Video Lab

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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