Un libro che racconta la città eterna con ironia, disincanto e una dose salutare di sarcasmo
«Roma è la capitale del mondo. In questo luogo si riallaccia l’intera storia del mondo e io conto di rinascere una seconda volta, di essere veramente resuscitato, d’essere veramente fatto uomo.»
— Goethe, Viaggio in Italia
Se Goethe oggi sbarcasse a Fiumicino, probabilmente la sua resurrezione consisterebbe nel postare storie su Instagram con un filtro vintage, mentre aspetta il taxi in ritardo. E forse, invece di scrivere un diario monumentale, si sarebbe limitato a scorrere la guida di Fabrizio Politi, Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis (Fabbri, 2022), scoprendo che la città eterna non si conquista più con penna e calamaio, ma con Google Maps e un caricabatterie di riserva.
E qui sta il colpo di genio: Politi non finge che Roma sia una dea intoccabile. La racconta come un’attrice di commedia all’italiana: bellissima, capricciosa, con l’abitudine di arrivare sempre in ritardo, ma capace di stenderti con un solo sguardo. Non la Roma dei proclami istituzionali, ma quella che si specchia nelle vetrine di un bar di quartiere, che si infila nelle battute dei tassisti, che si diverte a ricordarti che la perfezione non è mai stata il suo forte.

L’autore non è un archeologo né un erudito da scaffale. È un narratore urbano, nato sui social, che ha fatto della sua città un palcoscenico personale. La sua missione? Insegnare a guardare Roma con occhi meno ingenui e più innamorati. Non gli interessa impressionare con schede storiche o date da manuale; preferisce svelare le epifanie minori: il cortile che nasconde una fontanella barocca, il vicolo che regala la vista di una cupola, la piazza che di sera si riempie di ragazzi, birre e motorini.
Roma, in queste pagine, non è la dama austera delle guide ufficiali, ma una signora ironica che ti invita a cena, ti fa aspettare mezz’ora e poi ti conquista con un sorriso sghembo. Politi la racconta senza sconti, ma senza mai tradirla. È un disincanto che non sfocia mai nel cinismo: anzi, proprio perché conosce bene le sue magagne, riesce ad amarla di più.
Chi si aspetta un manuale tradizionale resterà spiazzato. Non troverà lunghe descrizioni di affreschi o cronologie di imperatori. Troverà invece consigli rapidi, aneddoti, osservazioni fulminanti. È una guida che non guida: ti prende per mano, ti distrae con una battuta, ti lascia in un vicolo e ti dice “ora guarda tu”.
Il principio è semplice e geniale: Roma non si visita, si attraversa. Non si consuma come un pacchetto turistico, si vive come una scena infinita. Lo smartphone diventa allora il nuovo taccuino dei viaggiatori: fotografare, taggare, condividere non sono più gesti frivoli, ma parte integrante dell’esperienza. È l’equivalente contemporaneo delle note di viaggio di Stendhal, solo con meno inchiostro e più wi-fi.
Il ritratto che emerge è quello di una città diva, bellissima e impossibile. Ogni pagina è un invito a cogliere la sua doppia natura: sublime e sciatta, monumentale e buffa. Un mosaico bizantino si riflette nel vetro di una tabaccheria; una basilica millenaria convive con le grida dei tifosi davanti a un maxi-schermo.
Qui il sarcasmo diventa arma di seduzione. Politi non nasconde il caos del traffico, le buche stradali, l’inefficienza cronica. Ma le racconta con il sorriso di chi sa che Roma è proprio questo: una città che non funziona, ma che ti funziona dentro. Un amore complicato, ma irrimediabile.
In tempi in cui “influencer” fa pensare a foto patinate e frasi motivazionali, questo autore spicca per un tratto diverso: non vuole vendere un’immagine, ma restituire un senso. Non costruisce un personaggio irreale, ma si limita a raccontare con ironia ciò che vede ogni giorno. È un lavoro di cittadinanza culturale: dimostrare che la bellezza non appartiene a pochi, ma è accessibile a chiunque abbia occhi per guardare.
Ne nasce una Roma democratica, a piedi e quasi gratis. Non la città da sfoggiare, ma quella da vivere. Una capitale che non si lascia possedere, ma si offre a chi ha voglia di camminare, deviare, fermarsi a osservare.
Alla fine, il libro non è soltanto un manuale di viaggio, ma un manifesto d’amore in forma leggera. Insegna che la città eterna non è un museo sotto vetro, ma un palcoscenico dove ogni giorno si improvvisa una commedia nuova. Che non serve il portafoglio gonfio, ma un paio di scarpe comode e un telefono carico.
L’ironia, il sarcasmo e la leggerezza diventano così strumenti di conoscenza. Perché Roma, con i suoi difetti e le sue meraviglie, è sempre pronta a fregarti e a sorprenderti nello stesso momento. È la diva che ti fa disperare, ma che non smetti di inseguire.
Roma. Dentro lo smartphone, a piedi e quasi gratis è una guida che diverte e sorprende, che non prende la città troppo sul serio e proprio per questo riesce a raccontarla meglio di tante guide paludate. È il libro di un innamorato disincantato, capace di ridere e di far ridere, ma anche di restituire la verità più profonda: Roma non la capisci mai del tutto, ma se ti lasci guidare dal suo caos, finisci sempre per sentirti a casa.