Nuovi scavi e restauri nella Villa di Poppea riportano alla luce ambienti, decorazioni e assetti paesaggistici del settore occidentale, chiarendo la complessa storia edilizia e ambientale del sito
È in corso a Oplontis, nell’area archeologica di Torre Annunziata, un intervento di scavo e restauro di particolare rilievo scientifico e culturale che interessa la Villa di Poppea, uno dei complessi residenziali più raffinati dell’area vesuviana. L’attenzione degli archeologi si concentra in questi mesi sul settore occidentale della villa, in prossimità del tracciato urbano della cosiddetta via dei Sepolcri, e in particolare sul celebre salone della Maschera e del Pavone, ambiente decorato in II stile, noto per la ricchezza e la qualità dei suoi apparati pittorici.
Il cantiere nasce dall’esigenza di chiarire aspetti ancora incerti relativi allo sviluppo planimetrico di questa porzione della villa, oltre che di affrontare alcune criticità conservative emerse nel tempo. Lo scavo, avviato di recente, sta restituendo risultati di grande interesse: nuovi scorci di affreschi di eccezionale raffinatezza, caratterizzati da una vivace resa cromatica e da un repertorio figurativo di straordinaria complessità, stanno emergendo progressivamente dalle stratigrafie. Tra questi spiccano le raffigurazioni di pavoni, simboli di lusso e prestigio, e maschere teatrali inserite in un articolato programma decorativo.
Il completamento dello scavo del salone ha consentito di definire con maggiore precisione l’andamento originario dell’ambiente, che in passato presentava lacune interpretative nonostante le indagini condotte nei primi decenni del Novecento. Le nuove evidenze permettono oggi di leggere il salone come uno spazio unitario, concepito per stupire l’osservatore attraverso un sapiente uso della prospettiva dipinta e della simbologia figurativa. Tra i rinvenimenti più significativi si segnala la scoperta di una pavonessa integra, raffigurata sulla parete in posizione speculare rispetto al pavone maschio già noto, a conferma di un preciso equilibrio compositivo all’interno del ciclo pittorico.
Di particolare interesse sono anche i frammenti di affresco con maschere sceniche. Accanto a soggetti riconducibili alla tradizione tragica, emerge ora la figura di Pappus, personaggio tipico della Commedia Atellana: un vecchio grottesco, goffo e ridicolo, destinato a essere regolarmente ingannato. La presenza di questo soggetto introduce una significativa varietà semantica nel programma iconografico, suggerendo una raffinata stratificazione culturale e una consapevole contaminazione tra registri alti e popolari. A questi elementi si aggiungono frammenti raffiguranti un tripode dorato inscritto in un oculus, in dialogo visivo con un’altra parete del salone dove è rappresentato un tripode in bronzo, ulteriore indizio di una progettazione decorativa estremamente coerente.
Lo scavo ha inoltre permesso di applicare la tecnica dei calchi, restituendo le impronte degli alberi che in origine decoravano il giardino adiacente al salone. Gli alloggiamenti vegetali appaiono disposti secondo uno schema ornamentale regolare, che raddoppiava idealmente il colonnato del porticato meridionale. Tale assetto richiama soluzioni note nelle domus pompeiane e nello stesso sito di Oplontis, confermando l’attenzione riservata al dialogo tra architettura costruita e spazio verde. Le specie arboree potrebbero essere affini a quelle documentate dalle precedenti analisi archeobotaniche, tra cui l’olivo, pianta fortemente connotata sia dal punto di vista economico sia simbolico.
Le indagini stratigrafiche hanno portato anche all’individuazione di quattro nuovi ambienti, che si aggiungono ai novantanove già noti della villa. Tra questi spicca un vano absidato, interpretabile come parte del settore termale, che contribuisce a ridefinire la distribuzione funzionale del complesso. Di notevole rilievo è anche il riconoscimento di un paleoalveo, antico corso di un torrente stagionale che scorreva lungo il tracciato della via dei Sepolcri. La sua formazione, probabilmente successiva all’eruzione del 1631, ha inciso sui depositi dell’eruzione del 79 d.C., offrendo nuovi elementi per la ricostruzione del paesaggio e delle trasformazioni ambientali nel lungo periodo.
Parallelamente allo scavo, è in fase avanzata un delicato intervento di restauro che interessa due piccoli ambienti residenziali, i cubicola, situati nell’area sud-occidentale della villa. Originariamente destinati al riposo, questi vani si distinguono per una decorazione di altissimo livello, composta da stucchi, affreschi, volte dipinte e pavimenti musivi. La qualità esecutiva e la ricchezza della palette cromatica, che include l’impiego del prezioso blu egizio, testimoniano l’eccellenza tecnica delle maestranze attive nel cantiere antico.
Il primo cubiculum presenta una decorazione in II stile, con finti marmi e architetture illusionistiche che ampliano visivamente lo spazio; le volte a cassettoni e le lunette con paesaggi completano un apparato decorativo di grande complessità. Il secondo ambiente, accessibile tramite uno stretto passaggio, è invece decorato in III stile, con fondi monocromi e delicati motivi floreali, e mostra tracce di più fasi costruttive, alcune delle quali interrotte al momento dell’eruzione, suggerendo lavori in corso.

Il restauro, giunto quasi al termine dopo circa un anno di lavoro, ha già restituito una leggibilità sorprendente agli affreschi e ai mosaici, rivelando dettagli e cromie a lungo offuscati dal degrado e da precedenti interventi non più compatibili. Le fasi finali di ritocco pittorico consentiranno una piena valorizzazione di questi ambienti, restituendo alla Villa di Poppea non solo la sua bellezza formale, ma anche la complessità storica e stratigrafica che ne fa uno dei contesti archeologici più significativi del Mediterraneo romano.


