Nel cuore del Terminal 1, una scultura monumentale trasforma l’aeroporto in luogo di riflessione e bellezza: la visione futurista di Giò Pomodoro entra in dialogo con il presente, tra flussi di viaggiatori e riflessi di luce.
C’è un momento, nei grandi aeroporti, in cui il tempo si sospende. Non è ancora il viaggio, non è più l’attesa. È un’intercapedine invisibile tra due direzioni. Ed è proprio lì che, da oggi, entra in scena l’arte. O meglio: si lascia trovare. Da chi passa, da chi corre, da chi non ha tempo. Ma anche da chi cerca — anche senza saperlo — uno specchio, un’eco, una pausa. Succede a Roma, al Terminal 1 dell’Aeroporto di Fiumicino, dove da questo maggio 2025 e per un intero anno viene esposta Grande Folla n.1, un’opera imponente di Giò Pomodoro, in prestito dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Un bronzo del 1964 che non invecchia, perché non racconta una storia: la attraversa. Alta un metro e mezzo e lunga tre, con mezzo quintale di peso e un’anima che sembra levitare, Grande Folla n.1 non è una semplice scultura. È un organismo vivo, una forma che si deforma, si specchia, si plasma con lo sguardo di chi la osserva. La sua superficie lucente — dorata, specchiante, ritmata da cavità e rilievi — riflette il fluire ininterrotto di persone e gesti, ma lo fa con quella distanza poetica che solo l’arte sa mantenere: moltiplica, distorce, allude. Non cattura, ma restituisce.
Giò Pomodoro (Orciano di Pesaro, 1930 – Milano, 2002) è stato uno degli artisti più radicali e lirici del secondo Novecento italiano. Scultore, orafo, incisore, architetto visionario: tutto nel suo lavoro concorre a creare un dialogo continuo tra spazio, materia e tempo. Nella sua Grande Folla n.1 non c’è nulla di narrativo, ma ogni incavo è racconto. Nulla è figurativo, ma tutto è corpo. La folla non si vede: si intuisce, si percepisce. È quella che attraversa l’aeroporto, certo, ma anche quella che portiamo dentro — la molteplicità delle nostre voci interiori, delle nostre identità, dei nostri passaggi.
Renata Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale, ha scelto quest’opera come simbolo di accoglienza per chi entra nella città eterna: «Un capolavoro che attrae e interroga. Perfetto per dimostrare che l’Italia non è soltanto la patria della grande arte del passato, ma anche un laboratorio creativo che non ha mai smesso di generare visioni nuove e potenti.»

Il progetto è stato reso possibile grazie al supporto di Aeroporti di Roma (ADR), che ha voluto trasformare la sosta in aeroporto in un’esperienza culturale. E non si tratta di una semplice installazione. Accanto alla scultura, sei grandi schermi verticali, chiamati Pilars of Art, proiettano immagini e racconti delle collezioni della GNAMC: un viaggio visivo tra le opere più rappresentative dell’arte moderna e contemporanea italiana, in un allestimento che fonde estetica e tecnologia. L’aeroporto, luogo per definizione “non-luogo”, si trasforma così in una galleria pubblica, dove ogni passeggero diventa spettatore e attore, presente e in transito.
«L’esposizione di Grande Folla n.1 è un ulteriore omaggio che ADR desidera offrire alla cultura italiana e ai milioni di viaggiatori che attraversano Fiumicino ogni anno», ha commentato Vincenzo Nunziata, presidente di ADR. «È il nostro modo di dire che la bellezza è un diritto di tutti, ovunque. Anche nel momento più frenetico, anche tra un volo e l’altro.»
E a impreziosire l’inaugurazione, grazie alla collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il pianista Marco Aurelio Raco ha eseguito un programma raffinato e ispirato, tra le note rarefatte di Luciano Berio e quelle romantiche e cinematografiche di Michael Nyman. Un intreccio delicato tra le arti, tra suono e forma, tra ascolto e visione.
Ma ciò che colpisce — e che resterà anche quando la musica si sarà spenta — è la potenza visiva e simbolica della scultura di Pomodoro. In quella superficie cangiante si specchiano bambini e steward, hostess e uomini d’affari, famiglie in vacanza e lavoratori pendolari. Ognuno, per un attimo, diventa parte dell’opera. È questo il senso più profondo di Grande Folla n.1: non rappresentare la folla, ma diventare folla. Trasformare la materia in esperienza, lo spazio in evento, il passaggio in permanenza.
Non è la prima volta che Fiumicino si distingue per iniziative culturali: negli anni, numerosi artisti sono stati ospitati tra i corridoi e le aree comuni del Leonardo da Vinci. Ma questa esposizione segna un salto ulteriore: per dimensione, per prestigio dell’opera e per la coerenza di un progetto che non si limita alla semplice visibilità, ma punta a restituire un senso. Quello della continuità tra bellezza e funzionalità, tra arte e vita.
E mentre l’aeroporto continua a guadagnare premi e riconoscimenti — le Cinque Stelle Skytrax e l’ingresso nella top ten mondiale tra i migliori scali — l’intenzione dichiarata è chiara: fare del viaggio un’esperienza integrale. Non solo efficiente, ma anche emotiva. Non solo confortevole, ma ispirata. Perché ogni sguardo che si sofferma, anche solo per un secondo, davanti alla massa fluida della Grande Folla, è già un gesto d’arte. E forse, anche un gesto d’identità.
L’opera resterà al Terminal 1 per un anno. Ma se sarà capace di entrare nel cuore dei passeggeri, se diventerà parte della loro memoria visiva, allora non sarà mai andata via. Perché alcune sculture non si misurano in metri e chilogrammi. Si misurano in risonanza.
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