Home ARTE Eleganza, visionarietà e ironia: il Trittico contemporaneo incanta Roma con la danza che interroga se stessa
ARTEDANZAHOMEMUSICAOPERATEATRO

Eleganza, visionarietà e ironia: il Trittico contemporaneo incanta Roma con la danza che interroga se stessa

Share
Share

Al Teatro dell’Opera di Roma, un programma tripartito che unisce Ekman, León-Lightfoot e Dawson nel segno della poesia coreutica contemporanea

Ultima tappa della stagione primaverile al Teatro Costanzi, il Trittico contemporaneo firmato da Alexander Ekman, Sol León & Paul Lightfoot, e David Dawson incarna con impeccabile lucidità l’intento dichiarato della direzione di Eleonora Abbagnato: portare la danza del nostro tempo, con le sue contraddizioni e i suoi linguaggi plurimi, nel cuore del grande repertorio operistico romano. Un’operazione culturale tutt’altro che banale, che trova in questo programma a tre voci una sintesi compiuta e stratificata, dove l’eterogeneità delle estetiche convive con un filo conduttore più sottile: la riflessione sul senso stesso del gesto coreografico, sul corpo come materia poetica e politica.

Apre la serata Cacti, il lavoro più celebre di Alexander Ekman, già presentato nel 2017 al Costanzi e qui ripreso con fresca energia dal Corpo di Ballo del teatro. In questa pièce del 2010 – creata per il Nederlands Dans Theater 2 – Ekman disarticola con fine ironia il dispositivo teatrale, trasformando la danza in oggetto di parodia e al tempo stesso in detonatore filosofico. I danzatori si muovono all’interno di moduli quadrati, trasportati, ruotati, ricomposti, come in un gioco dadaista che restituisce al palcoscenico una dimensione meccanica e surreale. L’umorismo è sottile, a tratti nonsense, come nei dialoghi impossibili con le piante grasse o nel virtuosismo quasi slapstick delle cadute e degli inciampi. A completare l’effetto, la musica dal vivo – Haydn, Beethoven e Schubert – eseguita dal Quartetto Sincronie in scena, mai collocato in una posizione convenzionale, quasi a sottolineare lo scarto ironico tra partitura classica e dinamica scenica contemporanea.

Ekman non racconta, Cacti non narra: ma chiede. Chiede cosa sia l’arte, cosa cerchiamo in essa e perché sentiamo l’urgenza di spiegarla, classificarla, incasellarla. Il balletto si fa così gesto metacritico, eppure non rinuncia alla gioia cinetica, al piacere visivo, alla forza seduttiva del gruppo e della sua energia. Sedici interpreti si muovono in perfetta coesione, portando in scena una danza acrobatica ma mai vuota, lucida ma mai sterile.

Il tono cambia radicalmente con Subject to Change, firmato nel 2003 da Sol León e Paul Lightfoot, duo creativo olandese che ha saputo imprimere una cifra inconfondibile alla scena europea. È la prima volta che questo lavoro arriva a Roma, e lo fa in un allestimento di forte impatto emotivo. Sulle note del secondo movimento del Quartetto La morte e la fanciulla di Schubert – nell’orchestrazione tardo-romantica di Mahler – si sviluppa una coreografia essenziale, tesa, dove l’eleganza formale incontra la crudezza dell’emozione. I danzatori si muovono su un tappeto rosso sangue, simbolo esplicito del passaggio, della morte, dell’inevitabilità. L’alternanza di assoli, passi a due e quadri d’insieme costruisce un arco emotivo netto, ma mai compiaciuto.

La danza, qui, diventa il mezzo per esplorare uno spazio interiore. I gesti sono netti, scolpiti, attraversati da un’urgenza che non cerca mai il virtuosismo per se stesso. Il disegno luci cesella i corpi, enfatizzando il contrasto tra bianco e nero – i colori dei costumi – e lasciando il rosso come unica vibrazione accesa nello spazio scenico. León e Lightfoot parlano della morte senza retorica, evitando la trappola dell’astrazione: “Nel balletto, il pubblico è destinato a trovare ciò che prima o poi deve essere scoperto”, hanno dichiarato. Una frase che è chiave di lettura, ma anche invito: la danza come rivelazione, come specchio dolente e necessario.

Chiude la serata Four Last Songs di David Dawson, presentato per la prima volta a Roma. È una coreografia sospesa, incantata, scritta sull’inarrivabile partitura di Richard Strauss – i Vier letzte Lieder – eseguiti dal vivo con la voce eterea del soprano Madeleine Pierard, la cui presenza in scena aggiunge un elemento di trascendenza vera. Dawson costruisce un universo che ha la rarefazione di un sogno e la precisione di un’orchestra: ogni movimento è limpido, ogni gesto sembra scolpito nell’aria. I danzatori appaiono come presenze ultraterrene – angeli o spiriti, mai corpi concreti – che abitano uno spazio scenico dominato da un cielo artificiale, squarciato, attraversato da nuvole che sembrano scolpite nella luce.

La partitura vocale diventa colonna d’anima della danza, che si dispiega in passi a due e momenti corali di grande raffinatezza, sfiorando quella perfezione plastica che Dawson insegue da anni. I corpi sono scolpiti nella luce, nella musica, nella visione: e non c’è compiacimento estetico, ma un’aderenza totale al sentire, una forma di grazia. L’arte, qui, sembra sfiorare qualcosa di mistico. Non si tratta di raccontare, ma di evocare: la danza come poesia pura, come apparizione.

Il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, diretto da Eleonora Abbagnato, si conferma interprete versatile e preparato, capace di affrontare con autorevolezza tanto il virtuosismo comico e articolato di Ekman quanto la tensione emotiva e formale di León-Lightfoot e Dawson. Da Rebecca Bianchi a Susanna Salvi, da Alessio Rezza a Federica Maine e Michele Satriano, fino alla partecipazione preziosa di Alice Mariani nel lavoro conclusivo, gli interpreti danno corpo e anima a tre visioni differenti ma complementari.

Tre voci, tre geografie coreografiche, un’unica traiettoria: quella della danza che pensa, che si trasforma e che sa ancora parlare al nostro tempo, senza didascalie, ma con bellezza, precisione e libertà. PH Fabrizio Sansoni

Share
Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

Related Articles
Serenata di Alessandra Amoroso e Serena Brancale
HOMEMUSICANEWS

“Serenata” è il nuovo singolo di Alessandra Amoroso e Serena Brancale

Voce, ritmo e ironia: Alessandra Amoroso e Serena Brancale di nuovo insieme...

Tesori dei Faraoni Scuderie del Quirinale
ARTEEVENTIHOMENEWS

Roma, Scuderie del Quirinale: L’Egitto dinastico tra ritualità regale e permanenza della forma.

Dal Museo Egizio del Cairo a Roma, una selezione di 130 capolavori...

Dargen D'Amico Premio Amnesty International Italia 2025
HOMEMUSICANEWS

“ONDA ALTA” di Dargen D’Amico vince il Premio Amnesty International Italia 2025

Dargen D’Amico conquista il Premio Amnesty International Italia 2025 nella sezione Big...

Riapre al pubblico la Casa dell’Erma di bronzo
ARTEEVENTIHOMENEWS

Ercolano: una domus ritrovata. Riapre al pubblico la Casa dell’Erma di bronzo, un gioiello dell’antichità torna a splendere

A un anno dall’insensato gesto di un turista prontamente fermato dal personale...