Un santuario termale etrusco-romano rivive nel cuore dell’Isola dei Musei
Nel cuore pulsante dell’Isola dei Musei di Berlino, nella trasparente e razionale architettura della James-Simon-Galerie, un lembo di Toscana arcaica prende forma. I Bronzi di San Casciano dei Bagni, frutto di scavi condotti fra il 2022 e il 2024 nel sito del Bagno Grande, approdano per la prima volta fuori dai confini italiani. Dopo le tappe romane e meridionali, ora parlano una lingua europea, si offrono al pubblico tedesco e internazionale come testimoni non solo della religiosità antica, ma anche di un’idea di archeologia come atto civile, dialogico, vivente.

Quella di San Casciano non è una scoperta da prima pagina, un colpo di fortuna isolato: è il risultato di un lavoro metodico e corale. L’Università per Stranieri di Siena, in collaborazione con la Soprintendenza per le province di Siena, Arezzo e Grosseto, ha indagato uno spazio sacro frequentato ininterrottamente per oltre dieci secoli, dal IV secolo a.C. al V secolo d.C. Un santuario termale dove la divinità si manifestava nell’acqua calda, terapeutica, ritenuta intermediaria tra l’umano e il divino. Le statue, gli ex voto, le iscrizioni e le monete—migliaia—non sono meri oggetti da vitrina, ma espressioni tangibili di una devozione incarnata, praticata, quotidiana.
A Berlino, la mostra—frutto della cooperazione tra il Ministero della Cultura italiano e l’Antikensammlung der Staatlichen Museen—si articola come una narrazione per immagini, materie e simboli. Fra i reperti esposti: una bambina con sfera in mano, una trachea bronzea, una testa maschile, un serpente di 90 cm. Ogni oggetto reca in sé una richiesta di cura, una speranza affidata all’acqua, una parola pronunciata con il silenzio del gesto. La sfera della bambina, chiusa nel suo enigmatico equilibrio, diventa quasi un’icona della fragilità offerta alla divinità.

Particolarmente significativa è la presenza di iscrizioni bilingui, in etrusco e latino, che restituiscono la complessità culturale di una regione di transizione, dove l’incontro fra civiltà non fu rottura ma osmosi. San Casciano appare così come un laboratorio di ibridazione religiosa e sociale, dove la persistenza dei riti etruschi si fonde con le innovazioni del mondo romano, dando vita a un pantheon fluido e a pratiche votive in continua trasformazione.
L’allestimento berlinese si distingue per l’intelligenza museografica con cui i bronzi dialogano con reperti della collezione classica berlinese e con ex voto metallici moderni provenienti dalla Baviera, dall’Austria, dall’Alsazia. Questi oggetti, otto-novecenteschi, rendono visibile la continuità del gesto votivo nelle culture cristiane popolari dell’Europa centrale, affermando che il bisogno di affidare il corpo e la sofferenza a un potere superiore trascende epoche e religioni. L’acqua termale del Bagno Grande, in questo senso, non è solo contesto naturale: è materia liminale, soglia, medium.

Il direttore generale Musei, Massimo Osanna, ha sottolineato come questa esposizione non sia il punto d’arrivo ma una tappa in un progetto culturale più ampio. La mostra stessa è parte di un cantiere, di un “work in progress” che, attraverso esposizioni temporanee, laboratori e attività educative, prepara la futura nascita del Museo Archeologico Nazionale di San Casciano dei Bagni. Un museo che sarà non solo luogo di conservazione, ma spazio relazionale, in cui il patrimonio dialoga con i temi della cura, della memoria, della ritualità.
L’aspetto forse più affascinante della mostra, al di là della qualità estetica dei reperti, è proprio questo: la sua capacità di raccontare l’archeologia come esperienza dinamica. Non un sapere statico, ma una pratica che coinvolge restauratori, epigrafisti, antropologi, studenti da ogni parte del mondo. Lo ricorda il coordinatore dello scavo, Jacopo Tabolli, quando parla della “materia” dei bronzi come di un universo vivo, ancora capace di sorprenderci. Non a caso, mentre la mostra si apre a Berlino, lo scavo continua a San Casciano, rivelando ogni giorno nuovi frammenti, nuove domande.
Il valore politico e simbolico dell’esposizione è forte. Come ha dichiarato il Ministro della Cultura italiano, Alessandro Giuli, portare i Bronzi a Berlino è un gesto di cooperazione, un atto di riconoscimento verso la grande tradizione archeologica tedesca e un’occasione per riaffermare la centralità della cultura nelle politiche europee. La cultura come investimento, come strumento di coesione identitaria, come linguaggio comune. Concetto ribadito dal Ministro tedesco per la Cultura, Wolfram Weimer: i Bronzi di San Casciano, dice, sono ora anche patrimonio europeo, e il loro messaggio appartiene “allo spirito e al cuore” di tutti gli esseri umani.

La mostra non è priva di un senso di ritorno. Un cippo epigrafico rinvenuto a San Casciano nel XIX secolo e oggi conservato proprio a Berlino stabilisce un ponte tra archeologia antiquaria e scienza contemporanea. La memoria materiale si fa così geografia mobile, diaspora culturale che torna a sé stessa. La Toscana interna—terra di sorgenti, di acque, di silenzi—si ritrova sulle sponde della Sprea, in uno dei templi laici della cultura museale mondiale. Non come reliquia esotica, ma come voce potente della storia europea.
A chi osserva, resta la sensazione di un’archeologia che ha saputo rinnovarsi, uscire dal perimetro accademico e diventare racconto condiviso. Una pratica di cura, nel senso più pieno del termine. Curare i bronzi, curare i luoghi, curare le storie. In fondo, ogni ex voto immerso nelle acque di San Casciano era una forma di speranza. Ed è proprio questa speranza, tradotta in bronzo e parole, che oggi risplende a Berlino. Photocredit Lavinia Antonelli
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