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Il cuore di Pompei batte al MANN: la nuova sezione “Domus” restituisce vita agli arredi delle case vesuviane

Un emozionante viaggio nella quotidianità delle antiche domus pompeiane grazie alla nuova sezione espositiva del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

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C’è un nuovo volto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ed è quello delle domus pompeiane. Non più raccontate solo attraverso affreschi e mosaici, ma ricostruite nella loro quotidianità materiale, grazie all’allestimento permanente “Domus. Gli arredi di Pompei”, un progetto ambizioso e meticoloso che trasforma le sale del secondo piano del museo in un viaggio immersivo nell’intimità delle case romane di duemila anni fa.

Frutto del lavoro congiunto di Massimo Osanna, Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli e Luana Toniolo, la nuova sezione si snoda lungo cinque sale (dalla 90 alla 95), con oltre 250 reperti selezionati dai vastissimi depositi del museo e restaurati per l’occasione. Bracieri, lucerne, tavoli, letti, candelabri, sculture, pareti affrescate e suppellettili raccontano non solo il lusso e il gusto estetico di una civiltà, ma anche le sue dinamiche sociali e la sua raffinata visione dell’abitare.

Il cuore di Pompei batte al MANN

Fin dalla prima sala, ispirata alla celebre Casa del Fauno, il visitatore viene introdotto in uno spazio immersivo che fonde tecnologie contemporanee e resti antichi per ricostruire l’organizzazione degli ambienti domestici. È una soglia sensoriale e concettuale che prepara all’esplorazione delle sale successive, in cui la casa si rivela non più come semplice contenitore di oggetti, ma come vero e proprio teatro della rappresentazione sociale.

Il percorso mette in scena la vita quotidiana dei pompeiani, rievocandone usi, rituali, estetiche e simbologie. Gli oggetti non sono isolati in vetrine, ma ricontestualizzati, incorniciati da pareti affrescate o presentati come parte di vere e proprie ambientazioni: una scelta museografica che non mira alla ricostruzione filologica, ma all’evocazione emotiva. Come ha sottolineato Andrea Sabatini, tra i curatori del progetto, “non abbiamo voluto ricostruire stanze, ma ricreare un’atmosfera”.

E l’atmosfera è quella sospesa e affascinante di un’antichità abitata, concreta, vicina. Tra i pezzi più sorprendenti spiccano un braciere monumentale decorato con inserti in rame e argento, un portalucerne finemente cesellato con la figura di Dioniso a cavallo di una pantera, e un tavolino con sostegno a forma di sfinge, che testimonia la sofisticata padronanza tecnica e formale degli artigiani pompeiani. Accanto a questi, lucerne, scaldavivande, candelabri, oggetti “seriali” che parlano di gesti quotidiani, di cene, di attese e di rituali domestici.

Il cuore di Pompei batte al MANN

A colpire è anche l’esposizione della statua di Apollo citaredo, una figura efebica dalla grazia composta, e della piccola ma intensa scultura in terracotta di un’attrice, recuperata da una domus del quartiere VIII. È come se il teatro e la musica – pilastri della cultura romana – rientrassero per la porta di servizio nelle case dei loro protagonisti, proiettando l’arte nella dimensione privata.

Uno dei grandi meriti dell’allestimento è proprio quello di rivelare la stratificazione sociale e simbolica degli arredi. Gli oggetti esposti non sono meri ornamenti, ma strumenti di comunicazione del potere, dello status e dell’identità. In una Pompei dove la nuova élite imprenditoriale ambiva a imitare il gusto aristocratico, la casa diventava un manifesto: bronzi ellenistici, marmi policromi, fontane ornamentali e sculture erano parte integrante di una regia dello sguardo, progettata per stupire gli ospiti e consolidare il prestigio del dominus.

In questo senso, “Domus” si pone come uno straordinario dispositivo narrativo che restituisce senso al vivere antico, intrecciando estetica, funzione e biografia. Come ha osservato Massimo Osanna, Direttore generale dei Musei, “gli arredi raccontano storie di persone che non sono sopravvissute, ma che continuano a parlarci attraverso gli oggetti”.

Molti dei reperti, in effetti, tornano alla luce dopo decenni nei depositi. Luana Toniolo ha ricordato come alcuni non venissero esposti da settant’anni: un tempo lungo, colmato oggi da un lavoro corale che ha coinvolto restauratori, archeologi, architetti e tecnici. Il Laboratorio diretto da Mariateresa Operetto ha restituito splendore a superfici offuscate, intagli consunti, patine dimenticate, contribuendo in modo determinante al successo visivo e scientifico del progetto.

Ma “Domus” è anche un racconto sul presente del museo. L’inaugurazione della sezione si inserisce infatti in un più ampio processo di rinnovamento del MANN, che include anche il riallestimento delle sale della Villa dei Papiri e il nuovo sistema di illuminazione delle gallerie degli affreschi, realizzato in collaborazione con ERCO. Un museo in movimento, che non si limita a custodire il passato, ma lo riattiva costantemente nel presente.

Non mancano riflessioni più ampie sulla fruizione pubblica del patrimonio. Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha auspicato che un giorno si possano riportare gli arredi nelle case originarie, affinché i visitatori – e soprattutto i bambini – possano comprendere meglio la dimensione abitativa di Pompei. Un’idea forse utopica, ma che pone al centro la funzione educativa del patrimonio: non solo stupire, ma spiegare, far comprendere, evocare emozioni.

E in effetti, l’impressione più diffusa tra i visitatori dell’inaugurazione è proprio quella della meraviglia. “Sembra finto, da quanto è bello”, ha commentato Filippo Demma, direttore del MANN, con ironia affettuosa. Ma è proprio in questa finzione iperrealistica, nella capacità di far sembrare vivi oggetti sepolti dalle ceneri, che si gioca il successo dell’allestimento.

“Costruire significa dare vita alle cose” ha ricordato Andrea Sabatini, citando le parole di un’amica. Con “Domus”, il MANN costruisce un ponte tra il passato e il presente, tra la materia e la memoria, tra l’oggetto e la vita che lo ha abitato. Un allestimento che è anche una lezione museologica: per raccontare l’antico, serve restituirgli l’emozione della prossimità. E al MANN, questa emozione è finalmente di casa.

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Scritto da
Davide Oliviero -

Laureato in discipline umanistiche presso l'Università di Bologna sotto la guida del Professor Umberto Eco, ha avviato la sua carriera nell'archeologia classica, concentrandosi sulla drammaturgia greco-romana. Il suo interesse per il design lo ha spinto a seguire un corso triennale in design d’interni, continuando nel contempo a lavorare nel campo archeologico. Col tempo, ha sviluppato una passione per la scrittura e la musica classica, che lo ha portato a recensire opere liriche per 14 anni in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala, il Covent Garden e l’Opéra di Parigi. Ha inoltre curato contenuti culturali e musicali per diverse pubblicazioni. Negli ultimi anni ha scritto per la rubrica In Arte, trattando di mostre, teatro e arti letterarie a Roma, collaborando con istituzioni come le Scuderie del Quirinale e i Musei Vaticani. Ha recensito spettacoli teatrali, con particolare attenzione al musical e alla prosa, ed è accreditato presso i principali teatri italiani. La sua competenza lo ha reso un ospite frequente in programmi televisivi culturali, oltre a ricoprire il ruolo di giudice permanente per il Premio Letterario Andrea Camilleri. Attraverso i social media, promuove l’arte e la bellezza, fondendo abilmente leggerezza e profondità, rendendo questi temi accessibili a un vasto pubblico.

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